Ok, chiudi gli occhi e dimmi la prima immagine che ti viene in mente alla parola “parkour”. Le alternative più probabili sono queste:
- Un folle che salta da un tetto all’altro o che sta appeso ad una gru nel vuoto;
- Uno che fa salti mortali;
- Niente perché non hai mai sentito la parola.
Mai sentito? Ecco, in questo caso ci si ritrova spesso a dire: “hai presente quelli che saltano sui tetti?”.
Bene, in tutti e 3 i casi, la reazione che passa per il tuo cervello dopo la parola e l’immagine, molto probabilmente è quella di grande pericolo, la necessità di una grande atleticità, e l’idea che tu non lo puoi fare. Lasciami spiegare che non è così, vediamo un po’ di cosa si tratta.
Dove nasce il Parkour?
Questa disciplina si è sviluppata circa trent’anni fa nei sobborghi di Parigi e dai primi anni 2000 ha vissuto una diffusione sempre maggiore grazie alla visibilità data da alcuni documentari, film e dall’avvento di Youtube. Una delle principali caratteristiche principali di questo “nuovo” modo di muoversi è che non ha regole ben strutturate, se non quella di rispettare sé stessi, i propri compagni di allenamento e l’ambiente di pratica. Lascia molta libertà al praticante per la propria espressione personale e non ci sono competizioni. Questo ha fatto sicuramente conoscere il Parkour in tutto il mondo, e nel contempo ha lasciato la porta aperta ad interpretazioni, contaminazioni (in senso buono) e di conseguenza a uno sviluppo differente in ogni parte del mondo rispetto a ciò che avevano costruito i fondatori. A dire il vero, già tra loro l’idea di ciò che stava succedendo e di cosa farne non era uguale per tutti, ma non ho il tempo e lo spazio qui per sviluppare questo discorso. Per farti un’idea di questi rapporti e delle discipline sviluppate successivamente come Urban Free Flow e Freerunning, ti consiglio la lettura di Breaking The Jump di Julie Angel.
Cosa significa Parkour? Cosa significa ADD?
Parkour è il termine coniato da David Belle e Hubert Koundè, derivato dal “Parcours au combattant” espressione che identifica i percorsi di addestramento militare di ispirazione hebertista (da Hebertismo, il Metodo Naturale di Georges Hebert, ne parleremo meglio nel prossimo articolo), mentre il gruppo principale dei fondatori gli Yamakasi, di cui Belle all’inizio faceva parte, ha chiamato la disciplina Art Du Déplacement (abbreviata in ADD), ovvero Arte dello Spostamento, delineando già di fatto due linee di pensiero diverso.
Cosa si pratica nel Parkour/ADD?
Queste due discipline sono diverse, ma hanno alcune caratteristiche fondamentali in comune: sono due discipline che hanno come obiettivo quello di imparare a spostarsi nell’ambiente sfruttando qualunque ostacolo sia presente, cercando la propria per via per continuare a muoversi. Come dicevamo, si è sviluppato in città, che è ancora la scelta d’elezione per praticarlo, ma qualsiasi ambiente naturale (bosco, letto di un fiume, scogliera) o palestra può essere una buona occasione per praticare. In questo modo il praticante si mette di fronte a quelli che sono i suoi punti di forza e i suoi limiti, e la progressione lo porta a spostare questi ultimi sempre più avanti, ampliando e affinando le sue capacità. Nel Parkour l’idea è appunto quella di delineare un percorso ed eseguirlo nel modo più efficiente possibile.
Alla parte tecnica viene ovviamente affiancata una parte di condizionamento fisico, complementare e funzionale al superamento di ostacoli, al salto e all’arrampicata.
“Ma si salta sui tetti o no? Si fanno i salti mortali sui muri?”
E’ sempre stato presente un aspetto acrobatico, ma non è da considerarsi prevalente nella concezione originale. Chi pratica parkour ama muoversi, quindi è quasi naturale approcciarsi all’acrobatica, ma non è necessaria per praticare parkour.
Allo stesso modo, i fondatori si sono allenati in altezza, “sui tetti”, ma oltremodo consapevoli delle loro capacità, sviluppate con anni di allenamento a terra.
In base a queste caratteristiche possiamo dedurre alcune cose:
- è una disciplina che possono praticare TUTTI, perché l’obiettivo, spostarsi nell’ambiente, si adatta alle capacità individuali di chi pratica, qualunque sia l’età e il genere.
- Non è necessario salire su un tetto o in altezza per praticare parkour, con l’aumentare delle competenze è interessante confrontarsi con l’altezza, ma questo non significa saltare dai grattacieli nel vuoto, ogni azione è minuziosamente calcolata.
- Lo scopo è muoversi meglio e con più sicurezza, e questo, come già scritto sopra, può essere utile a tutti.
- Come in ogni sport, ogni movimento è praticato numerosissime volte per poter essere padroneggiato, di conseguenza, il rischio di infortunio viene ridotto al minimo. È un percorso lungo, non ci si improvvisa traceur perché “tanto sono solo dei salti”.
Ultimamente il regolamento è cambiato, per farla breve è intervenuta la FIG (Fédération Internationelle de la Gymnastique – organo che regolamenta a livello mondiale la Ginnastica sportiva), in accordo con alcuni fondatori, per rendere il parkour una specialità della ginnastica artistica. Su questo tema e sulle competizioni in generale ci sarebbe molto da dire, e sarò ben contento di discuterne se vorrai saperne di più o dirmi la tua, ma in questo articolo mi fermo qui.
Voglio solo farti notare una cosa: salti, corsa, arrampicata, scavalcamenti, rotolamenti, acrobazie sono nati con il parkour?
Ovviamente no, ogni bambino che gioca si muove in questo modo, perché questo (come abbiamo discusso nei precedenti articoli) è il modo di muoversi per l’essere umano. Siamo fatti per muoverci in modo vario, complesso e sviluppando tante competenze diverse.
Una cosa che molti praticanti possono confermarti è che il parkour nel tempo non li ha solo fatti diventare più forti, agili e veloci, ma ha modificato anche il loro atteggiamento e la loro attitudine in ogni aspetto della vita.
Che ne dici? È ancora una stramberia da scavezzacollo che ti manda solo all’ospedale?
Alla prossima!
